Segnali di soft landing in vista?

Dopo un 2022 caratterizzato da rialzi record per i tassi di interesse in Europa e negli Usa, in questo primo scorcio del nuovo anno cominciano a comparire segnali che potrebbero portare a un rallentamento del ritmo delle politiche monetarie restrittive. Nella situazione attuale, infatti, le banche centrali si trovano di fronte al difficile compito di decidere se e quanto aumentare ancora i tassi: nuovi rialzi, stando alle dichiarazioni ufficiali, sono in vista sia nel Vecchio continente sia oltreoceano, ma tutto dipenderà dai dati economici.

 

IN USA MENO DISOCCUPAZIONE, MA SALARI FERMI

In questi casi gli indicatori che gli istituti centrali osservano sono essenzialmente due: la disoccupazione e l’inflazione. Negli Stati Uniti, secondo le ultime rilevazioni, la disoccupazione è addirittura diminuita, attestandosi a dicembre al 3,5% contro il 3,6% del mese precedente. Si tratta di un segnale molto positivo per l’economia, ma in generale di un’indicazione negativa nell’ottica delle decisioni sui tassi: al diminuire della disoccupazione, infatti, di norma crescono anche i salari, spingendo così verso l’alto l’inflazione. Questo però non è avvenuto: negli USA i salari non sono aumentati e si è quindi creata una delle situazioni più auspicabili in assoluto, quella che si definisce “soft landing”, ovvero atterraggio morbido.

COSA SIGNIFICA SOFT LANDING

In questo scenario, infatti, l’inflazione rallenta la sua corsa senza che si venga a creare una recessione, perché si creano nuovi posti di lavoro ma i salari non aumentano. In altre parole, l’economia migliora ma l’inflazione non sale.

Sono poi usciti i dati sull’inflazione negli USA, che è scesa al 6,5%, confermando questo trend. Così l’aspettativa per il rialzo dei tassi a febbraio è passata a +0,25% da +0,5%, e questo favorisce la salita dei mercati sia obbligazionari che azionari.

L’INVERNO MITE IN EUROPA E IL PRICE CAP ABBATTONO IL PREZZO DEL GAS

Guardando all’Europa, invece, la buona notizia di inizio anno è senza dubbio l’importante calo del prezzo del gas, dovuto a due ragioni principali: le temperature particolarmente miti di questo inverno e l’effetto “psicologico” dell’accordo raggiunto a Bruxelles sul price cap. Lintesa tra i leader Ue prevede infatti la possibilità di limitare i prezzi del gas naturale nel caso in cui le quotazioni del contratto TTF superino i 180 euro al megawattora per tre giorni di fila, e qualora il prezzo del gas naturale liquefatto salga oltre i 35 euro/Mwh.

METANO AI MINIMI DALL’INIZIO DELL’INVASIONE RUSSA

A inizio gennaio il prezzo del gas naturale è sceso a quota 73 euro per megawattora, il nuovo minimo dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, nel febbraio dell’anno scorso, e oltre il 75% in meno rispetto al record di 350 euro per megawattora registrato lo scorso agosto. A incidere sullandamento dei prezzi, secondo le rilevazioni, sono state in particolare le importazioni record di Gnl, gas naturale liquefatto, e l’aumento della produzione di energia eolica, mentre restano stabili le forniture dalla Russia che passano attraverso l’Ucraina.

ANCHE LA BCE TIENE SOTTO CONTROLLO UN EVENTUALE RALLENTAMENTO DELL’INFLAZIONE

Tutto questo potrebbe causare una significativa discesa dell’inflazione nelle prossime rilevazioni, perché il calo del prezzo del gas dovrebbe portare a bollette energetiche più “leggere”, per un taglio che alcuni studi stimano intorno al 30%. E anche la Banca centrale europea, se l’inflazione dovesse confermarsi in rallentamento, potrebbe giungere alla conclusione che non è più necessario aumentare ulteriormente i tassi, decisione che porta con sé il rischio concreto di favorire una recessione.

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